Si respira aria pesante in questo periodo in Europa, sento un forte vento provenire da destra, alimentato da liberismo, xenofobia, controllo e repressione. La riforma delle pensioni in Francia, le dichiarazioni della cancelliera tedesca che parlano di un “multiculturalismo fallito”, i pestaggi dei pastori sardi che manifestano, le risse in Campania contro i cittadini che rivendicano il diritto a non dover essere vicini di casa di discariche. Senza contare l’avvento di forze di estrema destra in paesi come Svezia e Olanda, da sempre di tradizione socialdemocratica. Questo è il tragico quadro della situazione. A queste minacce i migliori che hanno risposto sono stati i francesi, che hanno dimostrato ancora una volta che non a caso la Rivoluzione per eccellenza e la prima esperienza di Comune sono figlie di Parigi. L’Italia è soggiogata al Berlusconismo e nel nord Europa ancora sembra non ci renda conto della situazione.
E in Svizzera? La Svizzera ha appena accettato l’ennesima revisione antisociale delle sue assicurazioni sociali e si appresta a votare l’ennesima proposta xenofoba dell’UDC che, passo dopo passo, sta mutando in maniera sfacciata ed arrogante il volto della nazione, mutando la croce bianca su campo rosso in tutt’altra croce, in voga negli anni ’30 nella vicina Germania.
Quello in cui spero vivamente è una reazione, non una rivoluzione, ma una reazione. Non possiamo più aspettare che ci siano i sindacati a dirci cosa fare, sembra che non lo sappiano neanche loro e s e lo sanno, non vogliono calpestare i piedi del padrone. Inutile sperare che qualche partito storico che si definisce progressista faccia vera opposizione, con la concordanza che persiste non esiste opposizione in Svizzera.
Siamo noi, lavoratori e lavoratrici, studenti, giovani e meno giovani che dobbiamo prendere in mano il nostro destino e dire NO a queste riforme che minano il sistema sociale e la solidarietà tra le genti.
NO all’isolamento delle classi sociali più deboli: giovani, studenti, stranieri.
NO a ogni tipo di discriminazione razziale.
NO a condizioni di lavoro precarie che non ci fanno arrivare alla fine del mese.
Questi sono gli attacchi che porta questo vento, e a questi attacchi siamo chiamati a rispondere. Non è con il disinteresse e l’individualismo che il sistema ci inculca sin da piccoli che si riuscirà a rimanere illesi, anzi, è con il disinteresse che potranno picchiare più duro.
L’inizio di questa reazione l’agenda politica la fissa per il 28 novembre, ma già da domani ognuno di noi può cominciare a reagire a questa situazione…cercando di far nascere una boccata d’aria nuova!
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