La prossima primavera si terranno le elezioni cantonali e le prime liste si stanno già stilando. Se per il Consiglio di Stato sembra che assisteremo a una lotta tra i “soliti noti”, fatta eccezione per qualche mosca bianca, le liste del Gran Consiglio promettono di avere qualche giovane nome al loro interno. Già, perché se ne dica pure tutto il male che si vuole, ma ci sono giovani che si interessano alla politica. I giovani disinteressati, i giovani apatici, i giovani fannulloni e parassiti cosi non sono, o meglio, non tutti. Il Consiglio dei giovani tenutosi qualche mese fa né un’altra prova. I giovani che si sentono distaccati dalla politica è perché il mondo politico a sua volta parla a loro in modo distaccato, quasi che gli convenga che i giovani non si interessino. Se si pensa alle mobilitazioni degli anni ’60 e ’70, dove il movimento giovanile-studentesco era il motore delle manifestazioni in tutta Europa, deduciamo che alla classe borghese e conservatrice che in questo periodo storico detiene il potere fa comodo avere dei giovani disinteressati incapaci di organizzarsi e di trascinare le masse. Inoltre negli ultimi tempi stiamo assistendo alla seconda fase di un processo che non vede i giovani distanziarsi dal mondo politico e cosi dalla società, ma bensì il contrario. Il sistema capitalista in crisi riversa sulle classi più deboli le sue colpe facendogliele pagare. È cosi che i giovani, con gli stranieri, vengono etichettati come una sorta di “nemici pubblici”, perché socialmente onerosi, da punire con misure che tendono ad isolarli e a renderli maggiormente vulnerabili (come ad esempio l’ultima modifica della LADI e la votazione del 28.11). Sono dunque i giovani che devono prendere coscienza di questo attacco che si sta consumando anche nei loro confronti. Non è con il disinteresse e l’individualismo che il sistema ci inculca sin da piccoli che si riuscirà a rimanere illesi, anzi, è con il disinteresse che potranno picchiare più duro.
Bisogna che i giovani riprendano coscienza di avere un peso politico, non solo come singolo individuo, ma come classe sociale, che rivendichino il loro spazio nella società prendendone in mano il futuro. La politica di oggi decide il futuro di domani, e se i giovani sono il futuro allora vuol dire che qualcuno sta già decidendo per loro e continuerà a farlo anche dopo le elezioni di aprile. Personalmente, come “giovane”, non voglio lasciare carta bianca.
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